“Era appena tornato dall’Ucraina, dove aveva viaggiato per duecento chilometri su un treno degli anni Venti, tirato da una locomotiva a vapore che sembrava uscita da uno dei suoi sogni, e adesso ne parlava in casa, alla moglie e alla bambina, e agli amici.
Uno degli amici gli aveva domandato se la mogli non era gelosa della sua passione per i vecchi treni, passione che lo portava in giro per il mondo quale benemerito della SAFRE, Società Amici Ferrovie Reggio Emilia.
Un altro , scherzando e senza addentrarsi in particolari, aveva insinuato che si portasse a letto una vecchia locomotiva. Lui aveva sorriso, e pensato che a letto magari no, ma una bella locomotiva d’epoca nella sua casa di Correggio, arredata anche con alcuni cimeli ferroviari, l’ospiterebbe volentieri.
Se ci stesse.
Doveva pensarci prima, e sentire l’architetto se, disegnando la sistemazione dei locali in modo diverso, fosse possibile farci stare un treno di grandezza naturale, magari soltanto la locomotiva.
Alcune sere più tardi, era novembre, incontrò al ristorante un gruppo di amici per discutere un progetto molto più concreto e realizzabile della locomotiva in casa: creare a Reggio Emilia un museo dei treni.
Si trattava di individuare il luogo adatto, perché di materiale ne avevano in abbondanza.
Verso mezzanotte, salutati gli amici, si avviò per tornare a casa.
Stava calando la nebbia e quando fu in Corso Cavour ormai non ci si vedeva più da qui a là.
Però gli piaceva questa roba bianca che avvolgeva tutto e sembrava restituire alle case di Correggio un colore d’altri tempi.
Incrociò pochi passanti, anche loro bene imbaccuccati e irriconoscibili, come fantasmi.
Sorrise tra sé: i fantasmi non esistono.
Da alcuni minuti non incontrava più passanti, la nebbia era ancora più fitta e il silenzio assoluto.
Affrettò il passo.
Non che avesse paura di fare cattivi incontri, Correggio era ancora una piccola città sicura, però non si sa mai.
Il rumore improvviso, lo fece trasalire, più per lo stupore che per lo spavento. Un fischio, il fischio di un treno.
Sorrise.
Adesso cominciava a dare i numeri: sentiva passare treni a Correggio, dove la ferrovia era stata chiusa nel 1955.
Forse aveva udito soltanto la frenata di un’automobile troppo veloce nella nebbia.
Pochi passi e un nuovo fischio lo bloccò.
Era quello di un treno a vapore e veniva da laggiù, dietro la palazzina che ospitava il comando dei vigili urbani.
E la palazzina non era altro che la vecchia stazione sulla linea Carpi-Correggio- Reggio Emilia!
Corse in quella direzione, e si fermò soltanto in viale dei Mille, dove un tempo passavano i binari della ferrovia .
Allora lo vide sbucare dalla nebbia, a non più di dieci passi, con in testa la locomotiva a vapore che sbuffava e di nuovo lo salutava con un fischio reso visibile dal pennacchio di vapore.
Il treno passò sferragliando, e lui ne percepì, oltre alla visione e al rumore, anche l’odore, che ben conosceva: un misto di fumo, vapore, grasso di macchina, legno, metallo.
Odore di treno, quasi impercettibile sui treni moderni.
Il convoglio, composto da locomotiva, tre carrozze passeggeri e due vagoni-merce, sparì nella nebbia e il silenzio tornò assoluto.
A casa trovò la moglie a letto: lei aprì un occhio nel buio e domandò:
“Com’è andata la riunione?”
“Bene. E poi, tornando a casa, ho visto passare il treno.”
La moglie non disse niente. Si era già riaddormentata.”